Quanto spazio resta per le spiagge libere in Italia?
Perché se ne parla di nuovo
Ogni anno, con l’avvicinarsi dell’estate, il tema delle spiagge libere torna in prima pagina. Nel 2025 il dibattito si è riacceso per tre ragioni: l’avvio, a marzo, della mappatura nazionale delle concessioni balneari prevista dal governo per rispondere alla procedura d’infrazione europea; l’aumento dei canoni minimi deciso con la legge di bilancio; e, soprattutto, la crescente pressione sociale dopo le mareggiate che tra fine inverno e inizio primavera hanno cancellato decine di metri di arenile in Versilia, nel Lazio e in Puglia, rendendo ancora più scarse le porzioni di costa ad accesso gratuito.
Quanta costa è davvero pubblica
I dati più aggiornati, diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e riportati dal Sole 24 Ore, indicano che su circa 7.500 chilometri di litorale marino italiano il 42 % è soggetto a qualche forma di concessione balneare. La percentuale sale oltre il 60 % prendendo in considerazione solo le spiagge sabbiose fruibili per la balneazione. Restano dunque porzioni libere ma la distribuzione è molto disomogenea: in Liguria e sull’Adriatico romagnolo le concessioni superano il 70 %, mentre in Calabria e Sardegna la quota di spiaggia libera scende sotto il 30 % ma con lunghi tratti costieri poco serviti dai trasporti.
Greenpeace, sulla base di rilevazioni satellitari e di sopralluoghi svolti nell’estate 2024, stima che in 22 Comuni costieri italiani la percentuale di spiaggia libera sia inferiore al 10 %. Tra questi compaiono località a forte vocazione turistica come Alassio, Jesolo, Ostia e Taormina. La normativa nazionale (art. 1, comma 251 della legge 145/2018) raccomanda che almeno il 20 % di ogni tratto costiero resti fruibile senza pagamento, ma in assenza di sanzioni concrete il rispetto della soglia dipende dalle scelte dei singoli Comuni.
Il nodo delle concessioni storiche
La diatriba con Bruxelles nasce dal fatto che circa 30.000 concessioni, in larga parte rilasciate prima degli anni ’90, sono state prorogate più volte senza gara. La Corte di giustizia UE ha stabilito che la direttiva Bolkestein sulla concorrenza nei servizi si applica anche alla gestione degli stabilimenti balneari. Nel 2024 il Consiglio di Stato ha fissato al 31 dicembre 2024 il termine ultimo delle proroghe automatiche, ma diversi sindaci – complice l’anno elettorale – hanno adottato ordinanze che estendono di fatto la validità fino al 2025 o al 2026.
Il governo ha risposto avviando la mappatura digitale di tutte le aree demaniali marittime. Entro fine 2025 un portale pubblico dovrà mostrare, per ciascun Comune costiero, l’esatta estensione delle concessioni, il canone pagato, la scadenza e lo stato delle gare. Solo dopo la pubblicazione sarà possibile bandire nuove assegnazioni tenendo conto del reale «scarso numero» di lotti disponibili, principio che – secondo la giurisprudenza europea – giustifica eventualmente deroghe limitate alle gare.
Pressione climatica e accessibilità
Le mareggiate invernali del 2025 hanno messo in luce un ulteriore fattore: i litorali italiani stanno fisicamente scomparendo. Secondo l’Ispra, il 15 % delle coste sabbiose arretra di oltre un metro l’anno. Gli stabilimenti, protetti da barriere artificiali, tendono a spostare il problema sulle spiagge libere confinanti, che restano prive di difese e vengono erose più rapidamente. Il risultato è un doppio danno: meno sabbia disponibile e un peggioramento nell’esperienza dei bagnanti che non possono o non vogliono pagare il lettino.
L’assenza di servizi minimi (toilette, docce, passerelle per disabili) sulle spiagge libere accentua inoltre le disuguaglianze sociali. Nel 2024, complice l’inflazione, il prezzo medio di due lettini e un ombrellone per una giornata ha superato i 35 euro nelle principali località turistiche, con picchi superiori ai 60 euro in agosto. In un Paese dove il salario mediano netto è di poco superiore ai 1.600 euro, l’accesso al mare a pagamento può diventare proibitivo per molte famiglie.
Possibili soluzioni
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Gare trasparenti e canoni equi. Il nuovo sistema informativo potrà garantire che la selezione delle imprese avvenga con criteri omogenei sul territorio nazionale e che i canoni riflettano il valore commerciale del suolo pubblico, liberando risorse da reinvestire in servizi sulle spiagge libere.
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Quota minima garantita. Occorre passare da una soglia «raccomandata» a un obbligo vincolante: ogni Comune dovrebbe dimostrare, pena l’annullamento delle concessioni eccedenti, di riservare almeno il 20 % dell’arenile a uso libero. Alcune Regioni, come la Toscana, hanno già inserito il principio nei propri piani paesaggistici.
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Servizi di base finanziati con i canoni. Docce, bagni chimici, cestini per la raccolta differenziata e passerelle potrebbero essere acquistati direttamente dai Comuni grazie a una quota dei canoni riscossi, garantendo decoro e accessibilità senza gravare sui bilanci comunali.
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Governance del rischio climatico. Le opere di difesa costiera devono essere pianificate su scala di bacino e non per singolo stabilimento. Ripascimenti, barriere sommerse e rinaturalizzazione delle dune vanno finanziati con fondi nazionali e europei, privilegiando soluzioni basate sulla natura che proteggano l’intera linea di costa.
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Trasporto pubblico verso le spiagge libere. Nelle grandi città costiere, l’introduzione di navette a basso costo o incluse nel biglietto urbano può ridurre la pressione automobilistica e rendere accessibili le spiagge non attrezzate anche a chi non possiede un mezzo privato.
Cosa aspettarsi per l’estate 2025
Il decreto attuativo che disciplinerà le nuove gare balneari è atteso per luglio. Se i tempi saranno rispettati, i primi bandi pilota potrebbero essere pubblicati già in autunno, con l’obiettivo di assegnare gli spazi entro la stagione 2026. Nel frattempo, diverse amministrazioni stanno predisponendo ordinanze per ampliare temporaneamente le spiagge libere laddove la percentuale sia inferiore al 20 %. È il caso di Rimini, che prevede di liberare 4.000 metri quadrati di arenile oggi occupati da cabine in disuso.
Per i bagnanti del 2025 il consiglio è di informarsi in anticipo sui siti dei Comuni o, dove disponibile, tramite la nuova app «OpenSpiagge» sviluppata dall’Anci, che già mappa oltre 1.200 accessi liberi con indicazioni su parcheggi, servizi e qualità delle acque.
Conclusioni
La questione delle spiagge libere va ben oltre il pur legittimo diritto al relax estivo: tocca temi di equità sociale, tutela ambientale e corretta gestione di un bene demaniale che appartiene a tutti. La finestra politica aperta dall’infrazione europea rappresenta un’occasione unica per riequilibrare l’uso del litorale, garantendo al contempo occupazione e sostenibilità. Molto dipenderà dalla trasparenza delle nuove gare e dalla capacità di reinvestire i ricavi in servizi pubblici. In gioco non c’è solo un asciugamano in riva al mare, ma l’idea stessa di un patrimonio collettivo.
Sources
- Il Sole 24 Ore – “Verso la mappatura nazionale delle concessioni balneari” (7 marzo 2025) – https://www.ilsole24ore.com/art/verso-mappatura-nazionale-concessioni-balneari
- Greenpeace Italia – “Spiagge libere, l’Italia resta a secco di lidi pubblici” (12 luglio 2024) – https://www.greenpeace.org/italy/storia/11893/spiagge-libere-litalia-resta-a-secco-di-lidi-pubblici/